sabato 25 giugno 2016

MIRTILLO NERO SELVATICO DELL'APPENINO MODENESE! UN SORSO DI BENESSERE!




SUCCO DI MIRTILLO NERO BIOLOGICO


I mirtilli neri sono piccoli frutti ricchi di sali minerali (manganese, calcio, fosforo), vitamina C, carotenoidi e altre sostanze davvero preziose per il nostro organismo.
  • Sono ricchi di antiossidanti che, come ormai sappiamo, sono fondamentali per combattere i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare e cutaneo.
  • Questi frutti sono preziosi, in modo particolare, per il nostro apparato circolatorio. Essi, infatti, rinforzano le pareti di capillari e vene e favoriscono la circolazione del sangue. Sono quindi ideali per tutti coloro che soffrono di varici, couperose, fragilità capillare, emorroidi, pesantezza alle gambe.
  • Migliorando il flusso sanguigno, aiutano anche la memoria.
  • Proteggono la retina con effetti benefici sulla vista.
  • Riducono il colesterolo cattivo
Cosa c’è di meglio, allora, che avere a portata di mano del succo di mirtillo pronto all’uso?
Berlo regolarmente sarebbe un autentico toccasana.
Provate questo SUCCO PURO DI MIRTILLO NERO biologico al 100% estratto da mirtilli selvatici dell’Alto Appennino Modenese. Per una bottiglietta da 200 ml vengono utilizzati 380 g di mirtilli.
Come lo si usa?
È semplicissimo! Ne basta un cucchiaio al giorno (circa 10/15 ml). Lo si può bere al naturale, oppure diluirlo in acqua. Io lo verso in un bicchiere di acqua perché ha un gusto un po’ aspro. 
È perfetto per tutti: bambini, anziani ed anche sportivi.
Una volta aperta, la bottiglietta va conservata in frigorifero e vi durerà circa 10 giorni.
Ma dove lo si trova? Potete acquistarlo online cliccando QUI. Solo BotaniQ prepara questo succo a partire da mirtilli selvatici.
I prodotti BotaniQ comprendono anche tutta una serie di infusi e tisane assolutamente naturali; degli autentici tesori di cui ho già parlato (trovate l’articolo QUI).
Per ulteriori informazioni e per essere sempre aggiornati, vi invito a seguire anche la loro pagina Facebook.
Il succo al mirtillo è estratto da mirtilli selvatici dell'alto Appenino Modenese e offre tantissime caratteristiche benefiche per l’organismo: 

- Azione antiossidante 

- Azione antiaggregante piastrinica 

- Azione vasocostrittrice ed emostatica 

- Azione antinfiammatoria 

- Aumento della rigenerazione dei pigmenti retinici 

- Azione antidiarroica ed antisettica urinaria 

- Diminuzione del colesterolo cattivo (LDL) 

- Azione preventiva nella formazione di calcoli 

Il nostro succo al mirtillo denominato nettare di mirtillo è rinomato per le sue caratteristiche organolettiche e salutistiche. 

La produzione avviene attraverso un processo artigianale di trasformazione senza subire alterazioni di nessun tipo in quanto gli ingredienti sono solo Mirtillo Nero Selvatico e acqua. Per la preparazione si utilizza la cottura a vapore evitando assolutamente pompe, centrifughe e filtri. Non sono presenti né conservanti né addensanti e la pastorizzazione è ancora quella cosiddetta a “bagno maria”. 

Solo da noi puoi trovare il succo estratto di mirtilli selvatici. Ne consigliamo l’uso sia ai bambini che agli anziani. E’ indicato per diete e come bevanda per gli sportivi. 

Informazioni aggiuntive 

Contenuto
200 ml 
Ingredienti
mirtilli neri selvatici 100% 

https://www.facebook.com/confraternita.delgnoccodoro/ 
2° classificato nella categoria Succo Gourmet: FARMACIA DELLA SPERANZA — con Cittá Di Carpi, Farmacia Internazionale La Spezia, VOCE di Carpi, Coc - Centro Operativo Comunale - Citta Di Carpi e Città di Carpi presso Camera Di Commercio.

martedì 14 giugno 2016

ERBE E PIANTE MEDICINALI: COSA SI INTENDE

Cosa s'intende per erbe e piante officinali


Una selezione di erbe e piante officinali, utilizzate in passato dalla tradizione popolare e oggi prezioso bagaglio della Fitoterapia moderna. Ciascuna pianta è provvista di descrizioni dettagliate sulle proprietà e modi d'uso, per conoscerne il potenziale terapeutico e scoprire i meccanismi d'azione.
Vi proponiamo una selezione di erbe e piante officinali più utilizzare nella fitoterapia, con descrizione dettagliata di proprietà, principi attivi, caratteristiche botaniche, impiego terapeutico e curiosità storiche. 
In passato, conoscere le piante e le loro virtù era fondamentale per la terapia medica antica, in quanto corrispondeva all'unica soluzione possibile per la cura delle malattie. Nel tempo, vennero chiamate "officinali" tutte le erbe (specie annuali o perenni le cui parti aeree sono per lo più verdi e di consistenza non legnosa) e lepiante (alberi e arbusti) impiegate nelle "officine" (laboratori farmaceutici) degli speziali. Questi artigiani conoscevano le tecniche di lavorazione delle piante, le procedure di preparazione (oli, unguenti, profumi, tisane ecc.) e di conservazione, e se ne servivano per realizzare rimedi medicamentosiprodotti cosmetici e profumi
Oggi le "erbe e le piante officinali" sono quelle utilizzate per preservare la salute e il benessere di uomini e animali; che possono essere impiegate tali e quali in cucina, come spezie per aromatizzare alimenti; nella preparazione di tisane; oppurelavorate con procedure chimiche, nella produzione di liquori,integratori alimentaricosmeticifarmaci e altri prodotti per la casa.
Secondo l'Organizzazione Mondiale dalla Sanità (OMS), tra le erbe e piante officinali sono definite "medicinali" quelle che "contengono in uno o più organi, sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici o preventivi o che sono precursori di emisintesi chemiofarmaceutiche", da cui derivano preparati farmacologicamente attivi
È quindi chiaro che una pianta può essere "officinale" in un paese e non in un altro, a seconda delle regolamentazioni, in quanto è un termine esclusivamente procedurale e indica quelle piante inserite all'interno di elenchi ufficiali (farmacopea), utilizzabili dai laboratori farmaceutici, a prescindere dal fatto che queste piante abbiano o meno proprietà di tipo medicinale. Eventuali restrizioni a tale possibilità nascono dalla compatibilità della pianta, o del suo derivato, al suo specifico modo d'uso; e dalla conformità del prodotto finito, rispetto alla legislazione di riferimento.
Per ogni erba o pianta officinale, la parte utilizzata (foglie, fiori, semi, corteccia, radici ecc.) è chiamata "droga". La droga contiene ilfitocomplesso cioè l'insieme dei principi attivi che caratterizzano le proprietà del vegetale, non riproducibili per sintesi chimica. Illavoro sinergico dei principi attivi all'interno del fitocomplesso garantisce alla pianta una serie di azioni contemporanee, che il singolo componente risulta non possedere, oltre all'abbassamento della soglia di tossicità, controindicazioni ed effetti collaterali. Ecco perché in campo erboristico si cerca di mantenere la pianta nella sua integrità (in toto) per la preparazione di prodotti naturali

Le erbe e piante officinali nella storia dell'uomo

Le erbe e piante officinali hanno accompagnato l'uomo per tutto il corso della sua storia. Il più antico documento medico occidentale,per ora rintracciato, è il Papiro di Ebers, risalente al 1500 a.C. GliEgizi facevano largo uso di rimedi vegetali, in particolar modo conoscevano le proprietà delle erbe e piante officinali di tipo aromatico, che impiegavano nel processo di mummificazione.
Nell'antica Grecia, le conoscenze sulle erbe e piante officinali si mescolarono con le teorie medico-filosofiche e si basavano soprattutto sulle nozioni contenute nei testi medici scritti daIppocrate (V secolo a.C.) e in quelli botanici di Teofrasto e successivamente di Dioscoride. A quest'ultimo si deve il primo trattato di botanica farmacologica dell'antichità: l'opera De Materia Medica, ancora oggi, è preso a modello nella stesura deglierbari contemporanei.
Già nel I secolo d.C. vennero realizzati gli orti medicinali, dove si coltivavano piante sfruttate dalla Medicina Umorale di Ippocrate, perfezionata a Roma dal medico Galeno. Egli fu il primo a considerare la Dietetica, come parte della terapia attraverso l'uso di fruttaverdura e piante officinali, assunte attraverso l'alimentazione, dando veste scientifica a ciò che le donne di ogni epoca hanno appreso attraverso l'esperienza di tutti i giorni.
Nel Medioevo, gli Arabi diedero un grande impulso sia all'alchimiae alla chimica con l'invenzione dell'alambicco, che permise la scoperta dell'alcol. Questa nuova sostanza, derivata dalladistillazione di erbe e piante officinali, ebbe ripercussioni nellosviluppo farmaceutico di tinture e distillati. Inoltre gli scienziati arabi furono i primi ad organizzare una farmacopea, con descrizioni di ricette fornite di dosaggi, proporzioni e composizioni chimiche. 
Tra l'XI e il XIII sec., vengono redatti i primi testi farmaceutici, in cui confluirono le teorie grecheromane e arabe, sintetizzate nella definizione delle operazioni fondamentalilozionedecozione,infusione e triturazione. In questo periodo si diffuse l'uso delle spezie e delle erbe e piante officinali e la Scuola salernitana si distinse per la grande perizia nel selezionare le erbe, sulle quali abbondano indicazioni terapeutiche che si sono dimostrate efficaci ancora ai nostri tempi.
La Botanica intesa come scienza nacque solo agli inizi del '500, grazie alle scoperte geografiche e alla introduzione della stampa. Si diffusero, in questo periodo i primi erbari secchi. Nel 1533 a Padova fu istituita la prima cattedra di "botanica sperimentale". Nel 1554 Pietro Andrea Mattioli redasse il più significativo testo di medicina e di botanica dell'epoca, conosciuto con il nome Discorsi di Pier Andrea Mattioli sull'opera di Dioscoride. Oltre a tradurre l'opera dal greco, la completò con risultati di una serie di ricerche suerbe e piante officinali ancora sconosciute all'epoca, trasformando i Discorsi in un testo fondamentale, un vero punto di riferimento per scienziati e medici per diversi secoli.
Nel '700 il medico e naturalista svedese Carl von Linné operò la prima classificazione scientifica degli esseri viventi. In particolare conla nomenclatura binominale, identificò le specie vegetali viventi, dividendole in basi alle classi, agli ordini e ai generi, portando lo studio delle piante al rango di disciplina scientifica a tutti gli effetti.
La prima "creazione" di una molecola in laboratorio, a partire da un principio attivo naturale, segna la nascita della Farmacologiamoderna. Con la sintesi di principi attivi, che imitano l'attività farmacologica di un vegetale, l'uso delle erbe e piante officinali nella terapia medica si sposta principalmente nel campo dellafitoterapia e dell'omeopatia. Tuttavia la ricerca botanica e quella chimica vegetale continuano a compiere studi scientifici sulle sostanze contenute nelle piante, utilizzate dall'uomo in ogni tempo e in ogni luogo della sua storia.

mercoledì 1 giugno 2016

INTOLLERANZA AL LIEVITO: SINTOMI, COSA MANGIARE E CIBI DA EVITARE


L’intolleranza al lievito comporta sintomi come le eruzioni cutanee.Cosa mangiare? Quali sono i cibi da evitare in presenza di questa condizione? La reazione dell’organismo all’ingestione di lievito deve essere distinta da un’allergia. Quest’ultima coinvolge, infatti, il sistema immunitario, a differenza di quanto avviene nel caso dell’intolleranza. Ilieviti sono dei funghi che hanno la capacità di attivare la fermentazione degli zuccheri, una reazione che viene utilizzata per la produzione del pane e dei prodotti da forno, ma anche per la realizzazione di alcolici, come il vino e la birra. A volte il nostro organismo può avere delle reazioni ai lieviti, anche a quelli più comuni, come il lievito di birra.
I sintomi dell’intolleranza al lievito non si presentano alla stessa maniera in tutti i casi. Nei soggetti intolleranti si possono manifestare eruzioni cutanee ed orticaria, con una sensazione fastidiosa di prurito, una continua mancanza di forze, diarrea e meteorismo.
Si possono verificare anche sintomi a carico dell’apparato respiratorio, come riniti con starnuti, asma e infiammazioni. Inoltre può essere un segnale dell’intolleranza al lievito anche la presenza della cefalea, che è causata dalle sostanze che si trovano nel lievito e che provocano continue vasodilatazioni e vasocostrizioni, responsabili della sensazione di dolore.
Un’alimentazione consigliata in caso di intolleranza al lievito deve comprendere alcuni cibi ben precisi, che non sono responsabili di una reazione da parte del nostro organismo. Si tratta principalmente di cereali integrali, di verdure e di proteine fresche. Non bisogna escludere dalla dieta la frutta fresca, ma sarebbe importante limitarne l’assunzione, perché può contenere molti zuccheri.
Si può mangiare il pane di segale senza lievito e si possono consumare anche i prodotti da forno che nella loro produzione non richiedono lalievitazione, come quelli preparati a base di patate, mais o farina di soia.
Si possono mangiare le uova, i ceci e le lenticchie. Via libera anche alla carne di pollo e al pesce fresco e bisogna prestare attenzione ad alcuni tipi di frutta, come il melone o l’uva. Si possono consumare tutte le verdure, anche surgelate, e il riso integrale. E’ possibile bere delle tisane.
Non bisogna seguire una dieta che limiti fortemente alcune abitudini. Piuttosto è necessario abituarsi a delle nuove regole che riguardano l’alimentazione, cercando di soffermarsi a poco a poco su dei principi che possono farci stare meglio. E’ utile fare una lista dei cibi che si possono mangiare e di quelli che non si possono consumare, per sapere come procedere di volta in volta.
Bisognerebbe tenersi alla larga dagli alimenti che contengono lievito, come la maggior parte dei prodotti da forno, del pane e della pasta. E’ importante anche allontanare dalla propria alimentazione i cibi che contengono zuccheri, in ogni forma, quindi anche il saccarosio, il glucosio e il fruttosio. E’ bene evitare i latticini che troviamo al supermercato e che non sono quasi mai freschi: bisogna evitare il latte pastorizzato e la maggior parte dei formaggi.
Non bisognerebbe consumare funghi, caffè, cioccolato, cibi speziati e dolcificanti artificiali. In generale bisogna evitare i cereali raffinati e i prodotti a base di malto o fermentati, come l’aceto, la soia, la birra, il vino e altri alcolici.
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