mercoledì 7 agosto 2013

YERBA MATE MENTA UNA SPECIALITA' ADESSO ANCHE ITALIANA


http://www.farmaciadellasperanza.it/prodotto/2914/YERBA_MATE_+_MENTA_TAGLIO_TISANA_50_G.html

YERBA MATE + MENTA TAGLIO TISANA 50 G
4,50 €





Il mate, detto anche tè paraguaiense, è l'infusione preparata con le foglie verdi o tostate di un agrifoglio, Ilex paraguayensis, che cresce spontaneo in Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. In alcuni di questi Paesi l'infuso è conosciuto con il nome di yerba mate e rappresenta la bibita coloniale tradizionale per eccellenza. 
MateInsieme a caffè, tè e cacao, il mate è una delle fonti naturali più importanti di caffeina. Grazie all'abbondante presenza di questa sostanza, l'infuso viene tradizionalmente consumato come tonificante e riequilibrante; nella medicina popolare locale trova impiego anche nella cura del mal di testa, dei problemi digestivi, dei reumatismi e dell'obesità . 
Il contenuto in caffeina si aggira intono allo 0,5-1,5%, anche se soltanto una piccola percentuale viene estratta durante la preparazione della bevanda. Nell'infuso il contenuto medio di caffeina è circa la metà di quello presente in un'analoga quantità di caffè. Il mate è inoltre una buona fonte di vitamina C ed è ricco di proteine (12%), polifenoli (2%) e minerali come calcio, fosforo e ferro (6%). 
Per tutti questi motivi il prodotto essiccato, polverizzato o meno, viene consigliato agli sportivi e come coadiuvante nelle diete dimagranti. 
Come per il tè, anche nell'erba mate la caffeina è concentrata soprattutto nelle foglioline giovani, non ancora dischiuse. L'assunzione eccessiva di erba mate è controindicata per chi soffre di ipertensione, diabete, ulcere e altri disturbi. 

Composizione: 
yerba mate 34 g 
menta piperita 8 g 
menta puleggio 8 g 

Il tè Pu-Erh, un brucia grassi naturale

Il tè Pu-Erh, un brucia grassi naturale


Spesso viene indicato erroneamente come “tè rosso”, per il caratteristico colore della sua infusione ma, attenzione, non bisogna confonderlo con il vero Tè rosso Rooibos, di origine sudafricana.
Il tè Pu-Erh è un tè postfermentato; ciò significa che dopo l’essiccazione eseguita naturalmente, le foglie vengono riposte e conservate a lungo, addirittura fino a venti anni, in luoghi molto umidi, come cantine e cavità sotterranee, così da accentuare il proprio aroma erbaceo e vegetale.
Viene coltivato nello Yunnan, al confine con il Tibet, da piante antichissime di Camelia Sinensis, ma la lentezza della sua raccolta e produzione viene assolutamente ben ripagata con ottime proprietà benefiche e salutari; non a caso i nomi con cui tale varietà viene indicata dalle popolazioni locali è “tè medicinale”, utile per “allontanare il fuoco e rinfrescare il corpo”.

Un tè pregiato come un buon vino d’annata

Alla pari di qualsiasi bevanda di lusso, conservata gelosamente in cantine umide e protette, è un tè di gran pregio, dotato di ricercatezza ed originalità d’aromi; è, inoltre, l’unico te’ che migliora con l’invecchiamento, al contrario di tutti gli altri, che invece tendono a perdere virtù ed aromi nel corso degli anni.
Una nota degna di curiosità: da reperti archeologici, pare che tale tè, compresso in panetti porzionati o dosi rettangolari, fosse una sorta di moneta di scambio nell’antichità, una sorta di “lingotto”, usato per la vita quotidiana.
Il curioso formato, con il tempo è rimasto identico, tanto che ancora oggi possiamo scegliere di acquistare Pu-Erh nel consueto formato in foglie sfuse o nei tradizionali panetti, o pancake, che vengono dosati e pressati secondo diversi formati.
Mentre le dosi in foglia sono quelle consuete del tè, per i panetti è necessario tagliare dal blocco la quantità necessaria per preparare la bevanda e riporlo poi con cura, per gli utilizzi successivi.



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Pu-erh: un tè molto particolare

Pu-erh: un tè molto particolare

Nelle montagne dello Yunnan, al confine con il Tibet, si trovano grandi piante secolari di Camellia Sinensis (la pianta del tè) da cui si ricava una qualità di tè davvero caratteristica: il Pu-erh. Sebbene ne esista sia verde che nero, è principalmente il secondo tipo ad essere commercializzato in occidente. A causa del colore dell’infusione questa varietà viene talvolta indicata come “tè rosso”; bisogna fare però attenzione perché questa è anche la comune denominazione dell’infuso di Rooibos, un arbusto proveniente dal Sudafrica, peraltro molto gradevole ma che con il tè non ha niente a che vedere.
Da sempre apprezzato in Cina (pare che già nel V secolo d.C. fosse usato come moneta di scambio dai nomadi che andavano e venivano dalle regioni più settentrionali) ha conosciuto nel mondo occidentale una fortuna relativamente recente, tanto che lo si può trovare anche confezionato in bustine sugli scaffali dei supermercati. Il motivo di tale popolarità risiede nelle virtù salutari di questo tè; in particolare si ritiene – e indagini scientifiche sembrano confermarlo – che il Pu-erh abbia un effetto di contrasto ai grassi. Ciò lo rende utile nelle cure dimagranti, ma soprattutto un prezioso alleato contro il colesterolo nella prevenzione delle malattie cardiocircolatorie.
Se non avete mai assaggiato il Pu-erh e dopo la lettura di questo articolo vi è venuta la curiosità di provarlo, è bene che vi metta in guardia perché potreste restare un po’ sconcertati, cioè subire il classico “trauma del primo assaggio”. Il gusto di questo tè è infatti molto particolare e lascia spiazzati; se però negli assaggi successivi si opera una sorta di “riflessione” e si cerca di esplorare questo sapore strano, di comprenderlo, di andare in profondità, ecco che si apre una prospettiva inaspettata su quel gusto che all’inizio ci aveva lasciati interdetti e che adesso invece si dispiega in tutta la sua ricchezza.
Il gusto non è l’unica cosa singolare del Pu-erh: tutto è particolare in questo tè. In primo luogo il processo di produzione nel quale vi è un passaggio fondamentale: la fermentazione. In questo caso – e solo in questo – il termine è usato propriamente. Infatti comunemente si dice che, a differenza dei verdi, i tè neri sono fermentati. Ciò non è corretto, dato che da un punto di vista chimico il processo che dà origine al tè nero non è una fermentazione, ma una ossidazione. Nel caso del Pu-erh invece si ha vera fermentazione poiché le foglie vengono mantenute per un certo tempo in un ambiente caldo umido, in modo che si sviluppino batteri e muffe responsabili dell’inconfondibile gusto di terra bagnata. Unico tra tutti i tè, ma simile in questo ad altri cibi e bevande ottenuti attraverso fermentazione (ad esempio il vino), il Pu-erh non teme l’invecchiamento, ed anzi si hanno partite pregiatissime stagionate per anni e anni.
Non solo la preparazione, ma anche il confezionamento del Pu-erh è peculiare. Infatti, oltre alla solita distribuzione in foglie sfuse, si possono avere mattonelle quadrate con ideogrammi in rilievo o compresse rotonde a “nido di uccello”. Per ottenere la consistenza solida le foglie vengono prima ammorbidite al vapore e poi compresse e lasciate asciugare. Per il successivo consumo la mattonella viene grattata, oppure se ne taglia via un pezzo. In tempi antichi era proprio la caratteristica della compattezza che ne rendeva particolarmente agevole il trasporto favorendone la commercializzazione.
Il Pu-erh non è un tè difficile da preparare, può essere lasciato in infusione a lungo senza che diventi amaro, e il colore scurissimo che assume se abbondiamo con la quantità di foglie o con il tempo di infusione non deve spaventare: il gusto sarà sempre forte ma gradevole.
Tra le molte proprietà salutari riconosciute a questo tè vi sono anche quelle digestive, per questo motivo è indicato nel dopo pranzo. Il suo carattere lo rende ottimo anche per la colazione, specie nelle fredde mattine di inverno, magari insieme ad un pezzo di torta o a una fetta di pane col miele. Restando sugli abbinamenti, trovo che il Pu-erh sia ottimo per accompagnare le degustazioni di cioccolato; il contrasto che si crea con le varietà dolci (ma anche con il fondente più “spinto”) schiude panorami di sapore assolutamente inediti e interessanti. Infine, segnaliamo l’usanza che alcuni hanno di preparare una bevanda “ibrida” aggiungendo alle foglie in infusione uno o due chicchi di orzo tostato; l’effetto non è dei peggiorI.